Il regista invisibile della finanza: così il general counsel guida Banca Generali tra Ora, Ops e nuove frontiere
Il 2025 è stato un anno intenso per Banca Generali, segnato da due operazioni straordinarie che l’hanno messa al centro dell’attenzione del mercato. Dopo aver portato a termine l’Opa su Intermonte, la private bank del Leone è stata, tra aprile e agosto, al centro dell’Ops lanciata da Mediobanca su Banca Generali: un’operazione che si è poi arenata con la bocciatura da parte dell’assemblea estiva di Piazzetta Cuccia. La società, guidata da Gian Maria Mossa, ha affrontato entrambe le sfide con trasparenza e rigore, e gli investitori l’hanno premiata: a fine anno il titolo è tornato sui massimi segnati in primavera.
In fasi delicate come queste, c’è una figura che spesso resta sullo sfondo, ma che in realtà gioca un ruolo fondamentale nel tirare le fila tra tutti gli interlocutori e gli stakeholder: il general counsel. Si tratta di un ruolo che nel mondo bancario e finanziario si è molto evoluto nel corso degli anni e ormai è ben lontano dall’immagine tradizionale del ‘custode delle regole’. In Banca Generali questa carica è ricoperta da Carmelo Reale, che dal 2020 è general counsel, segretario del consiglio di amministrazione e capo del Group Sustainability.
Siciliano, laureato in Giurisprudenza alla Luiss Guido Carli nel 1999, Reale ha costruito la sua carriera tra studi internazionali e grandi gruppi assicurativi, con esperienze a Milano, Londra, Parigi e negli Stati Uniti, prima di approdare nel 2013 al Gruppo Generali come head of group strategic legal affairs e poi group general counsel di Europ Assistance.
Osservando il suo percorso appare evidente che la figura del general counsel sta cambiando rispetto al passato. Lo considera un ruolo in evoluzione?
Il general counsel bancario e finanziario non è più una funzione statica che traduce in previsioni contrattuali le istanze del business. È piuttosto un attore centrale, un facilitatore di dialogo, capace di mettere a fattor comune le progettualità dei diversi team. In un settore sempre più regolamentato, il GC è infatti il garante di un rapporto chiaro con i regolatori e di una credibilità che si riflette sugli organi sociali e sul mercato. La trasparenza della comunicazione con gli stakeholder e le sfide normative non sono solo vincoli, ma opportunità. Grazie alla conoscenza dell’operatività della banca, il general counsel è tra i primi a individuare spazi di innovazione e semplificazione al fine di facilitare un go-to-market più immediato.
In quali circostanze queste competenze si sono dimostrate necessarie?
In occasione dell’Opa su Intermonte, conclusa a gennaio 2025, che è stata un grande successo all’interno del caotico risiko vissuto dal settore bancario italiano nell’ultimo biennio. La stessa necessità si è presentata durante il lancio del progetto di International Advisory e l’avvio di quello di Insurebanking in partnership con Alleanza. Si tratta di situazioni diverse, che sono però accomunate dalla necessità di una regia legale capace di semplificare strutture complesse e di attingere a esperienze internazionali. Sono stati casi particolarmente complicati sul piano legale, nei quali le interlocuzioni e gli scambi con i regulator coinvolti e con gli organi sociali hanno rappresentato la chiave di volta.
Quanto è importante comunicare in modo efficace con questi attori?
In un momento in cui l’m&a nel mondo bancario è al centro dell’attenzione mediatica e del dibattito pubblico, il dialogo attivo con i soggetti coinvolti è assolutamente indispensabile. In queste partite, il GC non ha solo il ruolo del portiere ma spesso quello dell’arbitro, che scandisce il tempo delle azioni e costruisce il gioco. È apparso evidente in occasione delle operazioni straordinarie, durante le quali Banca Generali si è distinta per le sue competenze comunicative con il mercato e tutti gli interlocutori. In particolare, è stato molto utile mettere in atto queste strategie con i clienti e i banker che, come emerge dai flussi commerciali, hanno mostrato un grande livello di fidelizzazione, e con i regolatori, che hanno invitato i professionisti dell’istituto di credito al tavolo di confronto su diverse tematiche.
Il suo lavoro non si ferma però al perimetro della Banca: come si articola?
La società è al servizio dei clienti, con una rete di private banker ben sviluppata. Il supporto legale è pensato anche per il cuore operativo della banca, ovvero la rete dei consulenti finanziari, che ogni giorno affronta situazioni delicate con i clienti. Fornire strumenti per un dialogo chiaro e trasparente significa rafforzare la fiducia, quel capitale intangibile che rende Banca Generali speciale.
Infine, la governance: un GC moderno sa fare la sua parte nella definizione di nuovi processi decisionali, per rendere l’istituto di credito più agile e reattivo, rivedendo e adattando le strutture per restare al passo con il contesto finanziario.
Quali sono i valori che porta con sé, accanto alla dimensione professionale?
Nonostante gli impegni internazionali, non ho mai dimenticato la Sicilia, sostenendo progetti sociali a favore di rifugiati e di migranti. Un impegno che riflette una visione che unisce performance e rispetto dei valori, e si traduce anche nelle iniziative di sostenibilità di Banca Generali. È importante trovare il punto di equilibrio tra regole e strategia, tra compliance e innovazione. Per ricoprire questo ruolo è necessario avere competenza tecnica, visione internazionale e, soprattutto, la capacità di ascoltare e orchestrare. Nel nuovo paradigma della governance, il general counsel non è più dietro le quinte: è il regista silenzioso che tiene insieme la trama.
L’articolo Il regista invisibile della finanza: così il general counsel guida Banca Generali tra Ora, Ops e nuove frontiere è tratto da Forbes Italia.
