Da fabbrica chiusa a cooperativa: la rinascita di Ceramiche Noi in Umbria

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Contenuto tratto dal numero di dicembre 2025 di Forbes Italia. Abbonati!

di Ettore Mieli

Dalla chiusura di una fabbrica alla nascita di Ceramiche Noi: 12 ex dipendenti hanno trasformato un’azienda in crisi in impresa cooperativa, fondata su arte e territorio. Lorenzo Giornelli guida una realtà che ha triplicato il fatturato ed esporta il 90% della produzione. Ci siamo detti: “Ora o mai più”.

Quando, nell’estate del 2019, la proprietà dell’azienda ceramica di Città di Castello annunciò la delocalizzazione in Armenia, 12 dipendenti si trovarono di fronte a una scelta radicale: accettare o reinventarsi. Non era solo una questione di lavoro: era una questione di identità e di appartenenza a un territorio in cui la materia e la mano hanno sempre dialogato con l’arte. Scelsero la seconda strada. Rinunciando al Tfr e agli ammortizzatori sociali, decisero di acquistare i macchinari e dare vita a una nuova impresa. La chiamarono Ceramiche Noi: un nome che racchiudeva insieme la necessità e la speranza, la consapevolezza che la soluzione poteva arrivare soltanto facendo comunità.

“Eravamo rimasti solo noi”, ricorda Lorenzo Giornelli, oggi direttore commerciale e marketing dell’azienda. “Ci siamo detti: o adesso o mai più”. Così, dalle ceneri di una multinazionale in fuga, è nata una cooperativa che in pochi anni ha trasformato un’azienda in crisi in un modello di rigenerazione d’impresa. La chiamano ‘l’azienda che resiste’: in pochi anni ha riconquistato il 90% della clientela, ha triplicato il fatturato e oggi esporta il 90% della produzione, soprattutto negli Stati Uniti. Ma dietro i numeri c’è qualcosa di più profondo: una visione che intreccia arte, territorio e cooperazione.

Ceramiche Noi, infatti, non è solo una fabbrica rinata: è un laboratorio di bellezza collettiva, dove il gesto artigiano torna a essere un atto culturale. Nel cuore dell’Umbria, a pochi chilometri dai luoghi di Raffaello, Michelangelo e Alberto Burri, la ceramica diventa il mezzo per raccontare la continuità fra passato e presente. “La nostra azienda si fonda sull’idea che la materia parli”, spiega Giornelli. “Ogni pezzo che realizziamo è il risultato di un dialogo fra tecnica e sensibilità artistica, tra la memoria del territorio e la ricerca contemporanea”.

Questa vocazione si traduce in una serie di collaborazioni artistiche e collezioni d’autore che, negli anni, hanno dato forma a un linguaggio ceramico riconoscibile, capace di fondere sperimentazione e radici. La collezione KreTTO, presentata al Fuorisalone di Milano, è forse il progetto che più di ogni altro racconta questa identità. Ispirata all’opera di Burri, di cui la città conserva la memoria viva, la serie nasce dal desiderio di restituire un omaggio al maestro che ha trasformato le crepe della materia in forza poetica. Il nero profondo, simbolo burriano, si fonde con l’oro, emblema di rinascita, in superfici che evocano i ‘cretti’ e insieme ne rinnovano il significato. Realizzata in collaborazione con il ceramista Luca Baldelli – figlio di Dante Baldelli, che collaborò con Burri alla realizzazione dei cretti originali – la collezione rappresenta un ponte ideale fra generazioni e saperi. “Luca Baldelli ha respirato la creatività che circolava nella sua famiglia, riuscendo a unire il lavoro d’impresa, la flessibilità artigianale e l’estro artistico. L’elemento imprescindibile della maggior parte dei suoi lavori è la materia”, spiega Giornelli.

Da Burri a Raffaello. La cooperativa ha proseguito il suo dialogo con la storia artistica dell’Umbria attraverso la linea Raffaello, realizzata in occasione della mostra Raffaello giovane alla Pinacoteca di Città di Castello. I piatti d’autore sono decorati con una pennellata d’oro, simbolo di luce e perfezione, applicata secondo la tecnica dell’Ingobbio alla Castellana, antica lavorazione locale che prevede un fondo di terra liquida spennellato a mano. “È un modo per custodire la nostra tradizione e, allo stesso tempo, rileggerla in chiave contemporanea”, spiega Marco Brozzi, presidente della cooperativa.

Ogni collaborazione nasce da un legame autentico con il territorio e con la comunità, e si accompagna a un pensiero di resistenza culturale: restituire valore all’artigianato come forma d’arte e come atto politico. Dalla creazione del premio Embrace Award – ideato per il Festival di Cannes come simbolo di resilienza durante la pandemia – ai riconoscimenti ricevuti dalla Luiss Guido Carli e all’esposizione all’Expo Dubai, Ceramiche Noi ha saputo portare l’arte ceramica umbra in contesti internazionali, mantenendo intatta la propria identità cooperativa.

L’ultimo capitolo di questo percorso è la collaborazione con Forbes Italia per la realizzazione dei premi Unconventional Excellence. In questo progetto, ancora una volta in partnership con Baldelli, la cooperativa ha dato forma a un oggetto non convenzionale: la lettera F, simbolo del magazine, reinterpretata ogni volta come pezzo unico, con texture e finiture diverse. “Non volevamo una semplice targa, ma un’opera che rappresentasse l’essenza dell’eccellenza: l’unicità”, racconta Giornelli.

Oggi Ceramiche Noi è un esempio di come arte, impresa e cooperazione possano convivere e generare valore. In un mondo produttivo dominato dalla velocità e dall’omologazione, l’azienda dimostra che la bellezza può essere anche un atto di resistenza. “Per noi la ceramica non è solo un materiale – è una lingua viva, che continua a parlare del nostro territorio e del nostro modo di stare insieme”, conclude Brozzi.

L’articolo Da fabbrica chiusa a cooperativa: la rinascita di Ceramiche Noi in Umbria è tratto da Forbes Italia.

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